lunedì 14 maggio 2007

Non c'è peggior cieco di chi non vuole vedere, né peggior sordo di chi non vuole sentire


Per legge impongono metodi terapeutici antitumorali che fanno bene solo alla salute delle grasse compagnie del farmaco,e questi sono di sinistra, diciamo che sono SINISTRI.


Finanziaria 2007 Riflessi etici scientifici terapeutici sociali


La Finanziaria 2007 (al comma 796, lettera Z), ha abrogato la disposizione di legge introdotta sotto pressione dell'opinione pubblica nel 1998, la cosiddetta «legge Di Bella» (articolo 3, comma 2 Decreto Legge numero 17 del 23 febbraio 1998, convertito con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, numero 94), che consentiva al medico di prescrivere, al di fuori dei vincoli burocratici ministeriali, secondo scienza e coscienza, in base alle evidenze scientifiche, al momento in gran parte disattese dal prontuario del ministero della Salute.
Grazie a questa legge per anni i medici hanno potuto prescrivere farmaci di cui esisteva un razionale d'impiego scientificamente testato, ma ignorato dalle commissioni ministeriali (Prontuario).
Con la finanziaria 2007 la disposizione 94/98 non è più applicabile.
Il medico, per attenersi a queste disposizioni di legge, a questo coercitivo binario terapeutico, autentica dittatura terapeutica, non raramente sarebbe costretto a prescrizioni in contrasto con la propria coscienza, esperienza, cultura ed etica.
Gli è fatto esplicito divieto di prescrivere farmaci «off label» (fuori etichetta) per i cosiddetti usi «non previsti», anche se pienamente conformi ad un rigoroso e logico razionale d'impiego clinico basato sull'applicazione circostanziata, ragionata, consequenziale, delle evidenze scientifiche. Secondo il Giuramento di Ippocrate, il Codice deontologico, la Conferenza internazionale di Helsinki sulla etica medica, la Codificazione internazionale della medicina basata sull'evidenza (EBM), il medico non solo può, ma ha il dovere morale, umano, professionale, di applicare in ogni singolo caso e circostanza il farmaco meno tossico e più efficace.
La finanziaria 2007 fa nella maggioranza dei casi espresso divieto di applicare questi concetti ovvi, universalmente accettati e sottoscritti, umiliando la libertà e la dignità del medico con gravissimo danno per la salute degli ammalati.
Digitando nella massima banca dati medico scientifica www.pubmed.gov «Somatostatin or Octreotide (analogo) in cancer therapy», si evidenziano 23.000 pubblicazioni a conferma del suo potente e atossico effetto antitumorale.
Malgrado una conferma di questa portata, la Somatostatina, essenziale componente del MDB, di cui il professor Di Bella ha l'assoluta e incontestabile priorità d'impiego antineoplastico, non è prevista dal prontuario per la cura dei tumori, se non in rare eccezioni.
Il mancato inserimento nel prontuario di questa e di altre molecole antitumorali del MDB ampiamente confermate in letteratura come Melatonina, Retinoidi, Vit.D3, ecc, evidenzia la chiara e grave frattura tra dato scientifico e clinico-terapeutico imposta dalla finanziaria, frattura tanto facilmente verificabile, quanto eticamente imperdonabile e scientificamente insostenibile.
Infatti ricercando queste molecole su www.pubmed.gov e aggiungendo «in cancer therapy» [ricerca del 24 /03/2007] si evidenziano:
- somatostatina e/o Octreotid in cancer therapye 23.725 pubblicazioni, tra cui quella del premio Nobel Schally
- retinoidi 10.629 pubblicazioni
- vitamina D3 4.445
- melatonina 1.052
- vitamina E 1.506
- vitamina C 1.234
- calcio 6.289
- inibitori prolattinici: cabergolina 181
- condroitinsolfato 103
- omega 3.502
- glucosamine 123
- seleniometionina 114


Ritengo utile informare che questi farmaci, validati nello loro efficacia antitumorale e tollerabilità da una evidenza scientifica di questa portata, non sono altro che i componenti del Metodo Di Bella, esclusi dal prontuario malgrado una documentazione scientifica internazionale di questo livello.
Sono invece previsti a carico del SSN, e pertanto del contribuente, protocolli chemioterapici, di costi e tossicità elevati, di dubbia utilità terapeutica, penalizzati dall'induzione di un'inaccettabile percentuale di mortalità denunciata anche da un'agenzia della Reuters Healt [Wesport, CT 2001-05-17]: «Unexspected high mortality rated associated with chemoterapy regimen...» («Non ci si aspettava un tasso di mortalità così elevato associato ai protocolli chemioterapici...»).
Il dato è confermato dalla pubblicazione di Gerrard M. e AA [Br.J.Cancer 1998 Jun 77 (12) 281-5] con l'11% di decessi, non causati dal tumore ma unicamente da protocolli chemioterapici per malattie linfoproliferative tra i quattro giorni e gli undici mesi, dal suo inizio.
L'elevato effetto mutageno, la grave tossicità, la depressione immunitaria indotte dalla chemio, ne spiegano i gravi limiti.
Tutte le attuali terapie oncologiche valutate nel loro complesso, sono ferme, malgrado statistici funambolismi e mediatici trionfalismi, ad un 29% di sopravvivenza a 5 anni (M.A. Richards, D .E. Stockson e AA (BMJ 2000; 320:895 - 898), non ottenuta dalla chemio, ma da chirurgia+radioterapia+chemio.
Di questo 29% solo il 2,5% è dovuto alla chemio, come documentato dalla nota pubblicazione
«The contribution of cytotoxic chemotherapy to 5- year survival in adult malignancies» di Morgan G. e AA sulla prestigiosa rivista oncologica internazionale Clin. Oncol [2004 Dec.16 (8):549-60]. Questa pubblicazione ha la massima affidabilità e rilevanza scientifica per tre caratteristiche raramente riscontrabili in altri studi clinici e ancora più difficilmente coesistenti: 14 anni di osservazione dei pazienti, 22 diverse varietà neoplastiche studiate, una base statistica dell'ordine di grandezza di 225.000 pazienti.
Obiettivo della pubblicazione era la valutazione del reale contributo della chemio al raggiungimento dei 5 anni di sopravvivenza.
L'avvilente e disarmante risultato dello studio clinico documenta che su cento ammalati di tumore la chemioterapia consente solo al 2,3% di raggiunge i 5 anni, ma lo Stato italiano la impone per legge.


La chemio di Stato oltre molteplici e gravi danni, spesso permanenti, può produrre una tossicità tale da uccidere 11 pazienti su cento trattati, ma lo Stato fa obbligo al medico di prescriverla.
Nel fiore all'occhiello della chemio, i linfomi e le varie malattie linfoproliferative, dal citato lavoro di Morgan e AA, emerge evidente e documentato il dato che solo il 10,5% degli ammalati raggiunge i 5 anni.
Questi sopravvissuti, a causa dell'effetto mutageno della chemio praticata, sono però penalizzati dal doppio di possibilità di ammalarsi successivamente di tumori solidi rispetto alla media.
Pertanto tutte le statistiche oncologiche ufficiali di sopravvivenza vanno drasticamente ridimensionate.
Dopo i fatidici cinque anni la percentuale dei sopravvissuti decresce rapidamente negli anni successivi, come dimostrato da Lopez e AA nello studio clinico «Long - term results… Experience at the 20 th…» pubblicato su GacMed Mex [1998 mar. Apr, 134 (2):145-5].
Questo studio clinico certifica che la metà dei pazienti sopravvissuti a cinque anni, nel lungo termine muore per recidive tumorali.
Dalla finanziaria 2007 questi protocolli chemioterapici sono di fatto imposti come terapia unica di Stato a medici e pazienti, con l'onere per il contribuente di quasi centomila miliardi di vecchie lire l'anno.
Questi risultati hanno messo in crisi il rapporto di fiducia tra cittadino e istituzioni statali, accademiche sanitarie, clamorosamente emerso nel 1998 con le pubbliche dichiarazioni e testimonianze di numerosi ammalati di tumore guariti col Metodo Di Bella.
Quel contenzioso tra cittadini e istituzioni sanitarie statali, oncologiche e accademiche ufficiali, anche se silenziosamente, dal 1998 si è progressivamente aggravato, deteriorandosi al punto tale che in Italia, su quattro ammalati di tumore, tre rifiutano la chemioterapia.
Il dato emerge da un ampio studio statistico nell'ambito della Comunità Europea, condotto dal medico ricercatore Alex Molassiotis, che ha documentato come gli italiani nel rifiuto della chemio, siano al primo posto in Europa, dove è progressivamente decrescente la percentuale di ammalati disponibili ad accettare la chemioterapia.
Al momento in Europa 1 su due rifiuta la chemio.
Il dato fu pubblicato con grande rilievo poco più di 1 anno fa dal Quotidiano Nazionale, nel corso di un'intervista ad un illustre oncologo.
Anche noti organi di stampa europea, tra cui lo «Der Spigel», hanno trattato le ragioni del rifiuto sempre più esteso della chemio in un articolo ampiamente ripreso e diffuso da vari organi d'informazione e siti, tra cui: www.whale.to/a/chemo1.html .
Significativo il titolo «German Magazine Spiegel Tells the Truth About Chemo Treatment» («Il giornale tedesco Spiegel racconta la verità sulla chemioterapia»).


Uno dei giornali più letti in Germania, lo Spiegel, ha recentemente pubblicato un articolo di tre pagine sull'inutilità della chemioterapia.
Mentre gli oncologi dicono ai loro pazienti che la chemio aiuta ad incrementare l'aspettativa di vita, le statistiche hanno rivelato che per i tumori più comuni la chemioterapia non migliora assolutamente la situazione.
Nei casi di tumore alla mammella, la chemioterapia diminuisce addirittura la sopravvivenza media da 24 a 22 mesi, nel tumore alla prostata da 19 a 18 mesi…
Tutto sommato, la chemioterapia non agisce sui più comuni tipi di tumore.
Ciò che appare come una sorpresa per il lettore medio il lettore informato di farmacologia lo sapeva già da lungo tempo: il libro del dottor Ralph Moss «Questioning chemotherapy», un'analisi di un cospicuo numero di studi, rivela il medesimo risultato.
Il perché la medicina ortodossa continui a voler spendere più del 15% su questa inutile ed eccessivamente costosa terapia, rimane un mistero per quasi tutte le persone con un quoziente intellettivo di 3 cifre, tranne per coloro che, chiaramente, hanno capito che le aziende farmaceutiche non si occupano di aiutare i pazienti ma di guadagnar denaro.
Anche la massima agenzia internazionale di stampa, la Reuters, ha diffuso la citata notizia sull'alta tossicità e la scarsa efficacia della chemio, denunciando un'inaccettabile percentuale di mortalità: Reuters Healt [Wesport, CT 2001-05-17]: «Unexspected high mortality rated associated with chemoterapy regimen...» («Non ci si aspettava un tasso di mortalità così elevato associato ai protocolli chemioterapici...»).
Il dato è confermato dalla pubblicazione di Atra M. e AA [Br. J. Cancer 1998 Jun 77 (12) 281-5] con l'11% di decessi, non causati dal tumore ma unicamente da protocolli chemioterapici per malattie linfoproliferative tra i quattro giorni e gli undici mesi, dal suo inizio.
L'elevato effetto mutageno, la grave tossicità, la depressione immunitaria indotte dalla chemio, ne spiega i gravi limiti.
A fronte di questi risultati della chemio, sono già pubblicati su riviste internazionali e reperibili per esteso nel sito ufficiale www.metododibella.org studi clinici che documentano col MDB, nelle malattie linfoproliferative, una sopravvivenza dell'80% a 5 anni, e nei tumori polmonari in stadio 3° e 4°(critico-terminale), un incremento dell'aspettativa di vita del 300%, con un evidentissimo recupero della qualità di vita rispetto alle mediane di sopravvivenza tratte dai dati oncologici ufficiali internazionali.
Senza alcuna mortalità o rilevante tossicità causata dal MDB.


Nel trattato «Il Metodo Di Bella» ho riportato i componenti del MDB e il loro meccanismo d'azione dalla chimica alla biologia molecolare, documentandolo con oltre 2000 voci bibliografiche.
Negli attuali protocolli oncologici ciclo dopo ciclo, per l'elevato effetto mutageno dei chemioterapici, la selezione naturale agisce sulla variazione genetica conferendo un vantaggio evolutivo al fenotipo neoplastico.
Il continuo incremento di queste mutazioni chemioindotte, sommato alla naturale attitudine mutagena del fenogenotipo neoplastico, conferisce ovviamente alla cellula tumorale un vantaggio in termini evolutivi e proliferativi, che viene trattenuto dalla selezione, producendo ceppi sempre più resistenti, fino alla refrattarietà, proliferativi, invasivi, che colonizzano con crescente facilità, un organismo sempre più debilitato dalla chemio, che ne ha sovvertito strutture e funzioni vitali.
Un tumore inoperabile è comunemente considerato una condanna, ma in effetti è anche la chiara conferma della totale, reale, anche se inconfessata, incapacità della chemioterapia di eradicarlo.
La logica conseguenza della selezione chemioindotta di cellule sempre più aggressive in un organismo sempre più debilitato, non può che essere la frequente, anche se non ammessa, disseminazione neoplastica incontrollabile, che frequentemente, dopo variabili periodi, conclude dopo illusoria e temporanea riduzione volumetrica tumorale, i cicli chemioterapici.
L'oncologia, a fronte delle migliaia di pubblicazioni oggi reperibili a conferma dell'attività antiblastica di ogni componente del MDB (oltre un migliaio riportati nel portale ufficiale www.metododibella.org, oltre duemila nel trattato «Il Metodo Di Bella»), e del reciproco sinergico potenziamento, non può moralmente e razionalmente, scientificamente, giustificare l'ostinazione a fare della chemioterapia il fulcro, l'asse portante della terapia del cancro, e a rifiutare un esame attento, profondo, e soprattutto non prevenuto, delle basi scientifiche del MDB.
In conclusione: i presupposti scientifico clinici della chemioterapia stanno progressivamente vanificandosi, mentre l'aumento esponenziale di studi sperimentali e clinici sulla «terapia biologica» dei tumori (il termine è stato coniato dal professor Di Bella ad un congresso internazionale nel 1981) documenta che l'asse scientifico clinico terapeutico dell'oncoterapia si sta spostando da terapie citolitiche a terapie biologiche esattamente come anticipato dal professor Di Bella oltre 30 anni fa.
La libertà terapeutica del medico deve essere categoricamente rispettata e tutelata nell'interesse primario dell'ammalato, ma anche nella disgraziata ipotesi di una dittatura terapeutica, le commissioni ministeriali dovrebbero recepire e far applicare i dati più aggiornati e documentati della ricerca, le «evidenze scientifiche».
Non essendo questa la realtà italiana, molti si stanno attivando per chiedere alle competenti istituzioni di inserire nel prontuario almeno la somatostatina.


E' in corso infatti una raccolta di firme su scala nazionale per chiedere al ministro della Salute l'erogazione da parte del SSN della Somatostatina in fascia A per tutte le patologie tumorali. Abbiamo oltre 60.000 firme, e l'obiettivo delle 100.000 non è lontano.
Fine dell'iniziativa è superare l'ostruzionismo al MDB, in presenza di una corrente prassi terapeutica dal profilo dogmatico ed impositivo, caratterizzata spesso da elevata tossicità e dimostratasi non in grado di eradicare la maggior parte delle neoplasie.
Ormai la documentazione della determinante efficacia della somatostatina, su denominatori comuni a tutti i tumori, ha raggiunto una tale ampiezza ed evidenza da vanificare ogni obiezione scientifica alle sue indicazioni in tutte le patologie tumorali.
Il Vangelo recita: «Non c'è peggior cieco di chi non vuole vedere, né peggior sordo di chi non vuole sentire».
Il disprezzo per la verità e la pervicace negazione dell'evidenza, che ci sembra una mancanza di rispetto per chi soffre di tumore e per i familiari, ha vanificato sinora ogni iniziativa tesa a spiegare e documentare gli innovativi e determinanti progressi apportati dal MDB nella terapia oncologica.
I firmatari chiedono ai rappresentanti della nazione di difendere gli ammalati di tumore da ogni imposizione da parte di chi si ostina a non voler vedere verità evidenti, confermate da ampio e crescente riscontro nella letteratura e ormai documentate nella loro potenzialità terapeutica.
Il problema pertanto non è più scientifico, ma sociale, politico e civile.
La gente chiede giustizia e il rispetto della libertà di scelta terapeutica sancita dall'articolo 32 della Costituzione.*


Giuseppe Di Bella

*

Art. 32.

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

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