lunedì 20 agosto 2007

NONNO TE STANNO A FREGAAAA'

La lunga manus delle banche con il favore di una legge del prono governo di centrosinistra si appresta ad ingoiarsi un patrimonio stimato in 900 mld di euro.
Ovviamente a strozzo. In pratica al nonnino gli concedono un mutuo vitalizio con clausole capestro ed ipotecano cosi' la casa per quattro soldi di contropartita.Gli eredi poi si vedranno ereditato il bel mutuo con il rischio di perdere irrimediabilmente l'immobile per l'esosita' del debito.
Aho', ho lavorato una vita per farmi casa poi le banche mi concedono un mutuo ipotecario per poter racimolare un po di soldi per pagarmi le medicine e le cure che uno stato parassita e sprecone non mi puo' piu' permettere e quindi beffa nella beffa non avro' neanche la soddisfazione quando si andra' a miglior vita di lasciare il frutto del mio lavoro ai miei figli.
GRAZIE PRODI

http://www.terzaeta.com/news/marzo2006/09.html

giovedì 9 agosto 2007

E alla fine il bubbone e' scoppiato

I banchieri centrali decidono una grande immissione di liquidità
nel sistema bancario. Operazione inferiore solo a quella fatta dopo l'11 settembre
Crisi mutui, la Bce avverte
"Pericoli anche per l'Europa"
"E' opportuno tenere sotto osservazione i mutamenti del clima di fiducia"
Bush: "La nostra economia è forte e sul mercato c'è abbastanza liquidità"

FRANCOFORTE - "Il mercato mondiale dei prestiti a elevata leva finanziaria, ivi compreso un ampio segmento europeo, mostra alcune analogie con il mercato statunitense dei mutui ipotecari di qualità non primaria (sub-prime) che potrebbero dar adito a timori per la stabilità finanziaria nel caso di una svolta avversa nel ciclo del credito". Lo afferma la Banca Centrale Europea in un articolo dedicato ai 'Leveraged buyout e la stabilità finanziaria', contenuto nel consueto Bollettino mensile. In parole povere i banchieri centrali temono che la crisi dei mutui non onorati scoppiata negli Usa possa investire anche l'Europa. In campo scende anche il presidente Usa George Bush che ricorda: "La nostra economia è forte e sul mercato c'è abbastanza liquidità".

L' osservazione della Bce arriva nel giorno in cui Bnp Paribas ha annunciato la sospensione di tre fondi che investono nel mercato americano dei suprime. La decisione presa da BNP Paribas fa seguito a quella assunta nei giorni scorsi in Germania da Union Investment Management Gmbh e da Frankfurt Trust di 'congelare' le richieste di rimborso a valere su strumenti analoghi. I fondi bloccati dall'istituto francese avevano asset per circa due miliardi di euro alla data del 27 luglio scorso, inclusi 700 milioni legati al credito cosiddetto 'sub-prime'.



E che non si tratti di un'ipotesi accademica lo rivela il fatto che la Bce abbia oggi fatto l'immissione di liquidità più grande mai svolta dalla banca centrale. Alle banche dell'eurosistema che temono una rarefazione della liquidità per un allargamento della crisi dei mutui subprime sono stati concessi 94,841 miliardi di euro, una mole di liquidità seconda solo a quella immessa sui mercati subito dopo l'attacco terroristico alle Twin Towers dell'11 settembre 2001: in due operazioni, il 12 e 13 settembre, allora la Bce fornì liquidità per 69 e 40 miliardi. In totale 109 miliardi di euro.

Gli elevati rapporti di leva finanziaria nei recenti buyout possono essere paragonati a rapporti elevati fra l'ammontare del prestito e il valore delle garanzie in mutui ipotecari di qualità non primaria, cioè i subprime. "Inoltre, la pratica della ricapitalizzazione dei dividendi, per cui i partner del leverage buyout possono beneficiare della crescente valutazione di mercato delle società obiettivo - spiega la Bce - è analoga al rifinanziamento dei muti ipotecari, che è stato un fattore importante a sostegno del mercato di qualità non primaria negli anni in cui erano in aumento i prezzi per gli immobili residenziali statunitensi. Dal momento che la concorrenza fra banche è stata notevole per l'attività di sottoscrizione e consulenza del mercato dei leveraged buyout, i criteri di erogazione dei prestiti possono essere peggiorati e potrebbero essere state adottate strutture più favorevoli ai prenditori, come i contratti di debito a clausole ridotte", osserva ancora la Bce, evidenziando come questo sia "analogo ai mutui ipotecari a soli interessi e ammortamento negativo applicati all'attività di erogazione di prestiti di qualità non primaria".

L' Eurotower osserva comunque come fra il mercato dei prestiti ad elevata leva finanziaria e quello dei mutui ipotecari di qualità non primaria "sussistono anche differenze importanti: quella principale è che, a differenza dei prenditori nei mercati dei mutui ipotecari di qualità non primaria, quelli dei mercati dei prestiti a elevata leva finanziaria sono in genere più sofisticati in termini finanziari. Sono stati quindi in grado di favorire accordi che in molti casi tutelerebbero dalle oscillazioni cicliche a breve termine. Nonostante queste strutture protettive - spiega la Bce - l'esperienza dei mutui ipotecari di qualità non primaria potrebbe fornire un'illustrazione di come il mercato dei prestiti ad elevata leva finanziaria potrebbe evolversi in un più ampio rallentamento del mercato creditizio".La paura della Bce è che "una flessione del mercato potrebbe esporre molti a condizioni di mercato che non erano state prese in considerazione nelle transazioni originali in termini di prezzo. Ad esempio, tassi di interesse di mercato più elevati potrebbero diminuire la copertura delle operazioni esistenti, spingendo forse alcuni di essi all'insolvenza".

Per il resto i banchieri di Francoforte continuano a vedere un pericolo prezzi. "Resta necessario intervenire con tempestività e fermezza per assicurare la stabilità dei prezzi nel medio periodo", è scritto nel bollettino di agosto, confermando dunque implicitamente ulteriori ritocchi al rialzo dei tassi d'interesse.

Il rincaro del petrolio, il profilarsi di vincoli di capacità e il potenziale rafforzamento della dinamica dei salari e dei costi, rileva l'istituto di Francoforte, "avvalorano i rischi al rialzo per la stabilità dei prezzi nel medio-periodo". Pertanto "è essenziale vigilare con molta attenzione per evitare che si concretizzino rischi per la stabilità dei prezzi nel medio periodo".

Ai rischi sui prezzi, osserva l'Eurotower, si accompagna comunque una fase decisamente positiva e la Bce chiede ai governi di approfittarne per risanare i bilanci.

(9 agosto 2007)

Attenzione qui ci vogliono far credere che Draghi sia lo strenuo difensore di Fort Alamo

IL RETROSCENA. Dossier Bankitalia in cui si simula
un'emergenza finanziaria internazionale dovuta ai mutui Usa
Via Nazionale pronta a fare diga:
riserve da usare in caso di crisi
Nella banca centrale si guarda con apprensione all'uso dell'oro per contrastare il debito pubblico
Le banche italiane sono esposte sui nuovi strumenti finanziari per 6.000 miliardi di euro
di ALBERTO STATERA


SCARAMANZIA vuole che il dossier non sia sulla scrivania del governatore Mario Draghi, al primo piano di palazzo Koch, nello studio provvisorio a fianco della Sala degli Arazzi, dove troneggia la raffigurazione "tessile" di Diana che dinanzi al consiglio degli Dei invoca la "verginità perpetua". Ma come tutti i capi delle banche centrali e delle autorità europee, anche il governatore della Banca d'Italia lo sta silenziosamente compulsando, perché quel dossier contiene la prima "simulazione" per l'emergenza che potrebbe derivare dalla crisi di una grande banca continentale, magari tedesca, francese, olandese. O - dio ci scampi - italiana. Ha richiesto mesi di lavoro e "conference-call" continentali durate anche due giorni di fila.

Ma la fatica non è stata vana perché "da questi esercizi - ha detto Draghi ai banchieri - si impara molto". Scienza accademica, come si spera, o prevedibilmente scienza di uso cogente per crisi imminenti o già virtualmente in atto, sull'onda oceanica dei mutui "subprime" americani o di altre onde mediterranee meno lunghe ma altrettanto rovinose? Onde della nuova finanza e dei rischi connessi, cui la banca centrale è pronta a far diga con tutti gli strumenti a disposizione, compreso quello ritenuto essenziale delle riserve auree, che il governo vorrebbe adesso usare in parte per ridurre il debito pubblico.



Son passati esattamente venticinque anni dal crac del Banco Ambrosiano, che l'ex presidente del Nuovo Banco e presidente del Consiglio di sorveglianza di Intesa San Paolo Giovanni Bazoli ha rievocato due giorni fa con Massimo Giannini su questo giornale. Un quarto di secolo che non ci ha risparmiato tanti altri scandali finanziari più o meno grandi, in una lista che continua a ingrossarsi di giorno in giorno, ad esempio con l'ultima new-entry di Banca Italease.

Ma da allora, come non si stanca di ripetere il governatore Draghi, che nell'ufficio non ha più incombente sulla testa come i suoi predecessori il dipinto raffigurante il San Sebastiano trafitto dalle frecce, molto è cambiato in termini di concorrenza, di spessore dei mercati finanziari, non più asserviti a pochi individui, magari anche in termini di commistione tra banche e politica, di cui l'ultimo, miserabile esempio abbiamo forse avuto due anni fa nella "saga dei furbetti", messa in scena dal governatore cultore di San Tommaso e dal suo amico banchiere "Fanfulla" predestinato al ruolo di "velona" nell'harem di Lele Mora e nel Billionaire di Flavio Briatore.

Oggi il pericolo viene da più lontano, non dalle discoteche della Costa Smeralda, ma dalle sale vetrificate in cui si coltiva la crescente sindrome da scommessa del capitalismo mondiale. Un capitalismo che produce finanza alla "polvere bianca", sempre più eccitata, per larga parte incontrollabile da qualunque autorità, in un intrico sofisticatissimo di strumenti di copertura, controcopertura, derivati di credito, cartolarizzazioni, hedge funds, private equity, swap, marchingegni finanziari complicatissimi che spesso diventano, in realtà, strumenti di speculazione o moltiplicatori infernali di perdite, che anche i funzionari di banche e assicurazioni primarie vendono a ignari (o furbetti) clienti senza neanche capire bene ciò che stanno smerciando. E le interconnessioni diventano inestricabili persino per le autorità più attrezzate, perché nessuno sa più alla fine in quale parte del mondo, presso quali acquirenti siano finiti i rischi di credito trasferiti. A quale grande assicurazione europea? A quali aziende? A quali inconsci risparmiatori?

Possono, ad esempio, gli americani che non pagano più le rate dei mutui-spazzatura, i "subprime" concessi troppo facilmente per l'acquisto della casa e di ogni bene di consumo, in un'economia fondata sulla plastica delle carte di credito e sul debito, essere portatori, come annunciano alcune prefiche, di un crac finanziario mondiale simile a quello del 1929? Nelle banche centrali europee realisticamente pensano che molte case finanziarie e banche americane magari salteranno sui facili prestiti, ma che il "contagio" non diventerà pandemico. La sregolatezza finanziaria, tuttavia, tiene in ansia le autorità europee, invitate ora da Draghi a definire "in tempi stretti" i principi e le procedure per più frequenti "simulazioni di crisi", come quella appena completata tra mille invocazioni scaramantiche.

Secondo il governatore, che lo ha detto chiaro e tondo ai banchieri italiani, i derivati contribuiscono ad aumentare la produttività del sistema finanziario che cresce, ma a patto che le banche non ne approfittino solo per rimpinguare i loro bilanci, come sembra che in molti casi sia fin qui avvenuto. Sono utili se usati come si deve, ma diventano fonte di instabilità se servono non per coprire i rischi, ma per accrescere il numero dei rischi da assumere e se portano le banche che cedono una parte del rischio a ridurre l'attenzione alla solvibilità dei creditori. Esattamente ciò che sta avvenendo per i mutui ipotecari negli Stati Uniti.

Se il "contagio" americano ci risparmia, non è detto che il dossier che non sosta per scaramanzia sulla scrivania di palazzo Koch sia inutile. Le banche italiane, a cominciare dalle primarie, sono esposte sui cosiddetti strumenti finanziari per 6 mila miliardi di euro, come dire il quadruplo del debito pubblico. Ofrrono talvolta ai clienti, aziende e risparmiatori, contratti con clausole incomprensibili - callable, range accrual, knock in, e chi più ne ha più ne metta nella fantasiosità del lessico finanziario - che anziché garantire una copertura dai rischi derivanti dall'aumento dei tassi del debito, alla fine amplificano semmai le perdite.

Il governatore Draghi che, scaramanticamente, non tiene sul tavolo la preziosa "simulazione di crisi" non può invece, purtroppo per lui, sbarazzare la scrivania dal dossier "Banca Italease", di cui egli stesso ha parlato l'11 luglio scorso all'assemblea dei banchieri: "Grazie a un'ispezione che la Banca d'Italia aveva avviato nel gennaio presso una banca - ha detto - è emerso che la banca in questione aveva venduto a imprese clienti complessi prodotti derivati fortemente esposti a un rialzo dei tassi d'interesse. A seguito degli andamenti del mercato, tali derivati hanno determinato, una forte, repentina crescita nell'indebitamento dei clienti che li avevano acquistati. Oltre ai rischi legali e di reputazione, è cresciuta di conseguenza l'esposizione della banca al rischio di controparte". Banca Italease, che proponeva contratti derivati pieni di formule matematiche e algoritmi incomprensibili anche a un premio Nobel, ha irretito due o tremila clienti in una faccenduola da almeno 750 milioni di euro. Ma attenzione, l'80 per cento di tutte le operazioni in derivati coinvolge anche le grandi banche, Unicredit, Intesa, Monte dei Paschi, Capitalia, Bnl.

"Reputazione" è una delle parole più usate rispetto alle banche e alla finanza senza regole dal governatore Draghi, impegnato al tempo stesso nel complesso restauro della reputazione delle banche vigilate e di palazzo Koch. Ma, ai tempi del nuovo capitalismo e della finanza selvaggia, a quale dio potrà mai chiedere Draghi la "verginità perpetua" rivendicata da Diana?

(9 agosto 2007)

mercoledì 8 agosto 2007

MANCO AGGRATIS !!!!!


Ryanair: Alitalia?Neanche in regalo
La compagnia ricorre al Tar contro Enac

"Alitalia? Non la vorrei neanche in regalo". Parola di Michael O'Leary, amministratore delegato di Ryanair. Il numero uno della compagnia aerea low cost non ci pensa proprio all'ipotesi di partecipare all'operazione vendita Alitalia, se e quando il Tesoro la riaprirà. O'Leary è intervenuto al riguardo mentre annunciava il ricorso al Tar del Lazio contro la decisione dell'Enac di ridurre del 30% i voli sull'aeroporto di Ciampino.

Insomma, sembra proprio che non ci sia nessuna possibilità che la compagnia irlandese pensi minimamente a comprarsi la nostra società. "Alitalia potrebbe avere un futuro" ha aggiunto O'Leary "ma senza influenze politiche e pressioni sindacali".

Ryanair ha dunque già presentato il suo ricorso al Tar del Lazio contro l'Enac. Non è piaciuta la decisione di tagliare i voli sull'aeroporto romano di Ciampino, che dovrebbero passare da 138 a 100 a partire da novembre.

Sulla decisione dell'Enac l'amministratore delegato della maggiore compagnia low cost d'Europa ha dichiarato di aver presentato reclamo anche alla Commissione europea e ha aggiunto che le autorità italiane "stanno di nuovo cercando di sostenere l'ammalata terminale Alitalia bloccando le tariffe basse e la concorrenza".

Nell'ultimo anno, ha osservato O'Leary, "Enac ha cercato in vari e illegali modi di limitare le tariffe basse e le possibilità di scelta offerte dalle compagnie aeree a bassa tariffa a Roma Ciampino".

O'Leary ha anche minacciato di lasciare Ciampino, dove perderebbe il 12% di attività dopo la chiusura per cinque mesi decisa dall'Enac per "infondati lavori 'essenziali' alla pista", come li ha definiti il manager, e dove alla fine dei lavori i voli non dovranno tornare a operare.