Il discorso di Mario Draghi ha suscitato la più devota ammirazione dei grandi giornali. Draghi ha detto: ci saranno più disoccupati, il governo li tuteli. Ah,che preveggenza! Che lucidità! Applausi vivissimi.
Le banche italiane «sono in condizioni migliori rispetto» alle banche estere. (Bene! Bravo! Bis! Quando lo dice Berlusconi, buh! buh!). Però hanno di fronte «una sfida», continua il genio: «Mantenere un’offerta adeguata di credito preservando criteri sani e prudenti di erogazione dei prestiti». (Ma no! E chi ci aveva mai pensato, prima, che le banche devono fare prestiti, ma con prudenza? Che mente originale!).
Quella banche che vanno così bene, per Draghi sono chiamate «a far piena luce» sui loro bilanci. (Ma chi le deve «chiamare», scusate? Noi credevamo che fosse Bankitalia a dover ordinare alle banche di fare bilanci non falsi. Invece, dev’esser l’arcangelo Gabriele). Il loro problema, esemplifica il genio, «è guardare ai nuovi crediti più che ai titoli tossici, problema che riguarda il passato». Il passato?! Persino Calderoli è sbottato: «La vigilanza non si fa con gli appelli... Che Draghi venga in parlamento a riferire quali banche hanno titoli tossici, e se ci sia o meno necessità di ricapitalizzazione».
Ma Calderoli è di parte, si sa. I media applaudono, sono tutti per Draghi, il venerato maestro. Ed effettivamente, egli strappa anche il nostro applauso per l’improntitudine con cui riesce a dire che «i progressi degli ultimi decenni sono stati enormi», grazie al fatto che «il sistema delle banche pubbliche è stato smantellato». Provi a dirlo in Islanda: è proprio dopo la privatizzazione delle tre banche nazionali nel 2000, che queste si sono lanciate a giocare agli intermediari globali, prestando a Paesi dell’Est fino a 10 (diconsi dieci) volte il prodotto interno lordo di questo piccolo Paese, prima prospero ed oggi rovinato dai suoi banchieri.
Come abbiamo detto, le banche islandesi hanno impegnato l’Islanda e i suoi contribuenti per 10 volte il PIL del Paese. Le banche svizzere hanno esposizioni per il quadruplo del PIL elvetico
(433%). Quelle inglesi, del 456%. L’Irlanda ha un debito che è il 900% del PIL. L’Olanda, la ricca Olanda, del 328%. Le banche tedesche sono «leveraged» 52 volte il loro capital. E tutto a causa del libero mercato globale e delle banche privatizzate.
E l’Italia? Non si sa bene, perchè qui c’è ancor meno trasparenza che negli altri Paesi. Grazie a Draghi, il genio che non sorveglia. Egli assicura che ci assicura che sono sane, le banche. Ma intanto le invita a prendere i Tremonti bonds all’8%, quando i risparmiatori, magari, sarebbero interessati a un 5... E intanto, insegna a Tremonti come deve governare, lui che non sa obbligare le banche ad esibire i conti.
Bravo. Bene. Bis.
Le banche italiane «sono in condizioni migliori rispetto» alle banche estere. (Bene! Bravo! Bis! Quando lo dice Berlusconi, buh! buh!). Però hanno di fronte «una sfida», continua il genio: «Mantenere un’offerta adeguata di credito preservando criteri sani e prudenti di erogazione dei prestiti». (Ma no! E chi ci aveva mai pensato, prima, che le banche devono fare prestiti, ma con prudenza? Che mente originale!).
Quella banche che vanno così bene, per Draghi sono chiamate «a far piena luce» sui loro bilanci. (Ma chi le deve «chiamare», scusate? Noi credevamo che fosse Bankitalia a dover ordinare alle banche di fare bilanci non falsi. Invece, dev’esser l’arcangelo Gabriele). Il loro problema, esemplifica il genio, «è guardare ai nuovi crediti più che ai titoli tossici, problema che riguarda il passato». Il passato?! Persino Calderoli è sbottato: «La vigilanza non si fa con gli appelli... Che Draghi venga in parlamento a riferire quali banche hanno titoli tossici, e se ci sia o meno necessità di ricapitalizzazione».
Ma Calderoli è di parte, si sa. I media applaudono, sono tutti per Draghi, il venerato maestro. Ed effettivamente, egli strappa anche il nostro applauso per l’improntitudine con cui riesce a dire che «i progressi degli ultimi decenni sono stati enormi», grazie al fatto che «il sistema delle banche pubbliche è stato smantellato». Provi a dirlo in Islanda: è proprio dopo la privatizzazione delle tre banche nazionali nel 2000, che queste si sono lanciate a giocare agli intermediari globali, prestando a Paesi dell’Est fino a 10 (diconsi dieci) volte il prodotto interno lordo di questo piccolo Paese, prima prospero ed oggi rovinato dai suoi banchieri.
Come abbiamo detto, le banche islandesi hanno impegnato l’Islanda e i suoi contribuenti per 10 volte il PIL del Paese. Le banche svizzere hanno esposizioni per il quadruplo del PIL elvetico
(433%). Quelle inglesi, del 456%. L’Irlanda ha un debito che è il 900% del PIL. L’Olanda, la ricca Olanda, del 328%. Le banche tedesche sono «leveraged» 52 volte il loro capital. E tutto a causa del libero mercato globale e delle banche privatizzate.
E l’Italia? Non si sa bene, perchè qui c’è ancor meno trasparenza che negli altri Paesi. Grazie a Draghi, il genio che non sorveglia. Egli assicura che ci assicura che sono sane, le banche. Ma intanto le invita a prendere i Tremonti bonds all’8%, quando i risparmiatori, magari, sarebbero interessati a un 5... E intanto, insegna a Tremonti come deve governare, lui che non sa obbligare le banche ad esibire i conti.
Bravo. Bene. Bis.